Al Torino Startup Weekend l'imprenditore torinese racconta la sua storia: "Io e Guido non sapevano nulla di gelato, ci facevamo delle domande come i bambini davanti a una cosa nuova"
Federico Grom ha trentasette anni, una laurea in economia e un’amicizia che gli ha portato fortuna. Professione? Gelataio. Gelataio contadino, per la precisione.Durante la quarta edizione di Startup Weekend Torino, la piu? grande competizione tra idee d’impresa tenutasi lo scorso fine settimana, glissa su un unico aspetto: l’eta?. Il resto verra? richiamato piu? e piu? volte nel corso della conferenza. Nel pallido tentativo di imitare il professor Keating ne L’attimo fuggente, Federico si mette in piedi sulla sedia e inizia a parlare. Un indicatore significativo dello stato di culto che nutre verso se stesso e la sua creatura: GROM. Il marchio di gelati fondato assieme al socio e migliore amico Guido Martinetti, nel 2003, partendo da un obiettivo semplice nella forma ma ardito nella sostanza: “Fare il gelato piu? buono del mondo”.I due soci sono diversi per carattere e professionalita?: Guido, enologo, e? la parte piu? calda del duo; mentre Federico, broker, decide di occuparsi degli aspetti economico-finanziari. Nell’agosto del 2002, Guido lancia l’idea. Una settimana dopo Federico gli presenta il business plan. “Ci siamo incontrati in un bar di Corso Sebastopoli, un corso che in realta? ricorda una battaglia che fu un insuccesso. Nel nostro caso quella battaglia ci porto? fortuna.”Il maggior punto di debolezza? La totale incompetenza nella realizzazione del gelato. Grom parla piu? propriamente di “ignoranza specifica”, vale a dire la possibilita? di spezzare le regole di mercato perche? non si conoscono. “Noi non sapevamo nulla di gelato. Ci facevamo delle domande come i bambini davanti a una cosa nuova, e questo aiuta la creativita?”.L’obiettivo? Aprire sei gelaterie in cinque anni. La prima apre a Torino in Piazza Paleocapa il 18 maggio 2003, con un investimento di 32.500 euro a testa.Il gusto bandiera, la crema GROM nacque nel retrobottega di quei 25 mq. Piu? che i no incontrati durante il percorso, pote? l’innocente crema all’uovo: mise a dura prova l’entusiasmo dei due giovani imprenditori. “Una notte stavo facendo la crema, era il gusto che andava di piu?. Come si faceva? Non potro? mai dimenticarlo. Di giorno facevo il dirigente in un’azienda e da mezzanotte in poi facevo la crema. Allora avevamo una piccola macchina che faceva 60 kg alla volta. 330 uova ogni produzione. Contavo le uova, le rompevo dividendo il bianco dal rosso. Ho rotto uova di notte per venti giorni. 330 uova ogni notte, poi hanno iniziato a diventare 332 perche? le ultime due uova rotte erano le mie. Non ne potevo piu?. Guido mi dava il cambio alle quattro del mattino. Capimmo che non avremmo potuto continuare cosi?.”Inizia cosi? la collaborazione con figure del settore.A questo punto della storia torna in campo il concetto di ignoranza specifica. L’occasione venne data dalla campagna di comunicazione adottata per l’apertura del primo punto vendita di GROM a New York. Guido e Federico pensarono di spendere 5000 euro per la promozione dell’inaugurazione: i preventivi delle agenzie di Pubbliche Relazioni di New York superavano tutti di gran lunga i centomila dollari. Cosi? decisero di creare delle scatole gialle e blu, i colori di GROM e di Torino, con all’interno dei gianduiotti, del torroncino ed una coppetta vuota. Una ragazza, fresca di laurea, individuo? tutti i piu? importanti giornalisti dl NY specializzati nel Food a cui consegno? le scatole confezionate. Alla fine della conferenza, i due imprenditori torinesi riuscirono ad ottenere un articolo in prima pagina sul New York Sun e poi nella Food Section del New York Times.L’ennesimo colpo assestato dal fattore K tanto millantato da Federico nel ricordare le tappe della loro avventura.Questo aneddoto dimostra come la non completa conoscenza della materia trattata puo? essere una risorsa per uno startupper in erba, concedendogli la possibilita? di esplorare strade mai battute prima.Ora i negozi GROM sono sessantadue, quasi tutti in Italia, tre a New York, uno a Malibu, uno a Parigi, due a Tokyo e uno a Osaka. Aver deciso di scommettere su un prodotto che puntasse alla qualita? delle materie prime, senza conservanti ne? coloranti, ha rappresentato sicuramente una svolta. A questo, occorre ribadire, presta il fianco un marketing molto spinto e un’autoreferenzialita? davvero spiccata. Il primo dei tre grandi ospiti di questo weekend ha regalato una notevole dose di energia e positività alla platea: ingredienti fondamentali che i giovani startupper dovrebbero sempre utilizzare nella scalata al successo; ingredienti che hanno fatto diventare così famoso “uno dei gelati più buoni del mondo”.
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